Cantù, provincia di Como. Un bambino di quattro anni arriva alla scuola materna e accoglie compagni, collaboratori scolastici e maestre con il saluto romano, insegnatogli dal padre, un “nostalgico” del nazifascismo. I genitori del piccolo, convocati dalle maestre, rivendicano il proprio diritto a tirare su il figlio come vogliono, nonostante il saluto “romano” sia vietato dalla legge Italiana, così come qualsiasi apologia del regime fascista. La scuola, per tutta risposta, informa i genitori che il bambino sarà espulso, se farà nuovamente quel deprecabile gesto. Ora, se si trattasse di una scuola privata, la dirigente scolastica avrebbe tutto il diritto di accogliere o meno chi vuole, all’interno delle proprie mura, e nessuno sarebbe autorizzato a trasformare la faccenda in un “caso”. Pare, però, che si tratti di una scuola pubblica dell’infanzia e a questo punto qualsiasi esclusione di un bimbo di soli quattro anni, ci sembra assolutamente inammissibile. Chi scrive non è certamente fascista, ma non è con l’esclusione che si insegna a un bambino così piccolo la differenza tra bene e male. “Loro”, i nazifascisti, escludevano i diversi e i non omologati al potere. Emarginavano i bambini per i loro handicap, la loro razza o la loro religione. “Noi”, gli antifascisti, abbiamo il dovere d’ includere e fare sentire accolti tutti i bambini, anche quelli con i genitori “nostalgici”. (M.I.)

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