Sulle coppie di fatto, ancora un nulla di fatto, in Italia. Democrazia o tirannia della maggioranza?
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Era stata prevista, per il 15 Ottobre 2015, l’entrata in vigore di una legge sulle Unioni Civili, invece anche quest’anno si preannuncia un nulla di fatto sul tema. L’Italia, a differenza di altri Stati -quali Belgio, Irlanda, Usa, Canada, tanto per citarne alcuni- non riconosce il diritto di matrimonio ai cittadini omosessuali ed è uno dei pochi Paesi d’Europa a non avere neanche delle leggi che disciplinino le unioni di fatto, sia eterosessuali che omosessuali. Mentre il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è neanche oggetto di discussione nel Parlamento Italiano, la Disciplina delle coppie di fatto e delle unioni civili è attualmente in corso d’esame in commissione al Parlamento, ma sembra proprio non riesca ancora a vedere la luce né a superare l’ostruzionismo del centro destra. La relatrice, Monica Cirinnà, è tuttavia ottimista e prevede si possa arrivare a una legge entro la fine del 2015, mentre Maria Elena Boschi esprime scetticismo al riguardo, attribuendo ogni responsabilità all’ostruzionismo dei senatori di centro destra contrari. Per la Boschi è improbabile che si riesca a legiferare sulle unioni civili entro l’anno 2015. La giurisprudenza Internazionale tende verso un riconoscimento di ogni diritto a coppie e famiglie omosessuali e la politica Italiana è pertanto in controtendenza sul tema. Le unioni gay, anche se non regolamentate, costituiscono parte del tessuto sociale Italiano, come le famiglie Arcobaleno -formate da genitori omosessuali e bambini nati in Italia o all’Estero, ma residenti nel nostro Paese- ed è necessario colmare il vuoto legislativo, perché in uno Stato di Diritto, non possono esistere cittadini di serie A, B, o C. In una democrazia che si rispetti, la concessione di diritti civili alle minoranze, non dovrebbe essere oggetto di votazioni da parte di una maggioranza. Rischiamo altrimenti di trovarci di fronte a quel paradosso democratico che il filosofo Mill definiva “tirannia della maggioranza”. Certo non siamo ai livelli della Russia, dove è addirittura proibito dalla Legge parlare di omosessualità in pubblico, ma la libertà, in Italia, in tema di diritti lgbt, è apparente, finché non si traduce nella parità e nell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla Legge. (M.I.)
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