Lunedì 21 Dicembre, a Torino, dalle 18:00 alle 20:00, presso la Biblioteca Civica Natalia Ginzburg/Polo Culturale Lombroso16, in via Cesare Lombroso 16, presentazione del libro di Simonia Meriano “Stupro Etnico e Rimozione di Genere-le vittime invisibili”, ed. Altravista. Dalla guerra di Bosnia Erzegovina all’analisi dello stupro come violenza etnica di genere: un testo per interpretare un fenomeno culturale che comporta la rimozione delle storie di stupro e delle persone fisiche, rendendole progressivamente invisibili.

Stupro etnico e rimozione di genere. Come possiamo impedire gli stupri se facciamo finta che non esistano?

di Simona Meriano

L’esigenza di parlare degli stupri avvenuti nella ex Jugoslavia durante la guerra civile, nasce all’interno di un percorso di ricerca, esistenziale e professionale, che mi ha portata spesso in contatto con situazioni al limite, sconvolgenti, dolorose, perché avvicinandomi al male mi sembrava di poterne, a tratti, afferrare il senso. Soltanto dopo lungo tempo, numerosi viaggi e molta sofferenza, l’ossessione di voler capire si è affievolita e ho cominciato a convincermi che forse il male si può solo comprendere, nel senso di prendere con sé, ma senza per questo subirne il fascino e rinunciare alla propria determinazione. Allora prende forma il valore della condivisione e prendono consistenza le lotte per i diritti, la giustizia, la parità, accanto a chi con fatica cerca di sopravvivere, come le donne e le bambine vittime di ogni tipo di violenza, che soffrono in silenzio, soffocate in contesti sordi e ottusi, che non permettono loro di alzare lo sguardo. Non lasciamole sole. E non dimentichiamo le donne della Bosnia Erzegovina. Ancora oggi non hanno avuto giustizia per le violenze e gli stupri che hanno subìto, perché lo Stato non le riconosce come vittime di guerra ed il mondo si volta altrove. Ricordare le loro testimonianze, denunciare i fatti, dar voce al loro dolore, significa non arrendersi a un potere dominante che censura le storie di stupro. Tentare di far luce sul perché questo avviene, è un dovere nei confronti di tutte le donne. Perché è così difficile per una donna denunciare la violenza sessuale e ottenere giustizia? Si vergogna. Si sente sporca, colpevole, teme il giudizio della società. Il primo istinto è quello di nascondersi. È così per tutte le donne, in tempo di pace e in tempo di guerra. Questo vuol dire che lo stupro racchiude intrecci di significati che vanno ben oltre l’atto fisico in sé. Lo stupro è una vera e propria arma di sopraffazione utilizzata per affermare il possesso dell’altro femminile, che non è soltanto una persona, ma rappresenta la capacità procreativa, la madre e persino la terra. È un comportamento carico di ambivalenze, in cui si fondono pulsioni aggressive e sentimenti di attrazione, in cui si esprime la lotta tra identità e alterità. Per queste ragioni ritengo che ogni stupro sia sempre uno stupro etnico. Perché la questione non sta soltanto nella relazione tra uomo e donna, ma affonda le radici nella cultura globale, fallocentrica e maschilista: lo stupro è la manifestazione rituale di due entità rigide, indiscutibili, non negoziabili come l’identità etnica e l’identità di genere. La posta in gioco legata a queste identità pare sia altissima e combattere la cultura dello stupro incontra ovunque forti resistenze. Sarà per questo che lo stupro viene rimosso dalle storie di guerra? Esiste una connessione diretta tra stupro e conflitti armati. Questo significa che dove c’è l’uso delle armi, si commettono abusi e violenze sessuali. Eppure la memoria collettiva tende a rimuovere questi fatti, come se fossero di poca importanza, una sorta di inevitabile “effetto collaterale” dello stato di guerra. Ogni società decide che uso fare del ricordo e la memoria, in quanto facoltà culturale, risponde al potere dominante: l’egemonia maschile è mantenuta anche attraverso il controllo sessista dell’informazione e dei ricordi. La rimozione di genere è l’esclusione simbolica e concreta delle donne da specifici centri di significato e di potere. Purtroppo non si tratta soltanto di un’azione culturale, ma si tratta della rimozione di persone fisiche, le vittime, che diventano progressivamente invisibili. I danni di questa rimozione spietata sono sotto i nostri occhi, il prezzo più alto lo stanno pagando oggi le donne e le bambine in quei Paesi dove sono in corso dei conflitti. E lo stanno pagando tutte le vittime di violenza. Nella nostra società si nascondono e hanno paura a denunciare. Come possiamo impedire gli stupri se facciamo finta che non esistano? La scelta della rimozione di genere deve essere contrastata con forza e senza tregua. ricordo, soltanto così si potrà cominciare davvero a parlare di giustizia. Da un’esigenza di Giustizia nasce il mio libro: “Stupro Etnico e rimozione di Genere”.

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