Ad oltre sette anni dalla morte di Stefano Cucchi -avvenuta il 22.10.2009-, la Procura della Repubblica, presso il Tribunale di Roma, chiude le indagini preliminari e formula i capi d’ imputazione per i carabinieri che arrestarono e presero in custodia l’uomo la mattina del 16 Ottobre 2009. Lesioni aggravate da futili motivi e abuso di poteri. Lesioni di gravità tale da giustificare l’accusa di omicidio. Uno dei carabinieri ed il maresciallo della stazione Appia di Roma sono inoltre accusati di falso in atto pubblico. Avrebbero mentito al fine di nascondere la verità sul pestaggio. I carabinieri, subito dopo l’arresto del geometra romano e la perquisizione nel suo appartamento, il 16.10.2009, lo hanno preso a calci e pugni, secondo l’accusa, provocandogli diverse ecchimosi e fratture, che sarebbero poi state anche trascurate presso l’ospedale in cui fu ricoverato, il Sandro Pertini di Roma, dove, secondo il pm, si verificò una “condotta omissiva dei sanitari”. Riportiamo testualmente dagli atti: “Le lesioni procurate a Stefano Cucchi ne cagionavano la morte: in particolare la frattura scomposta della quarta vertebra sacrale e la conseguente lesione delle radici posteriori del nervo sacrale…” e ancora: “i tre, nella qualità di appartenenti all’Arma dei Carabinieri in servizio presso il Comando Stazione di Roma Appia, dopo aver proceduto all’arresto di Stefano Cucchi per illecita detenzione e cessione di sostanza stupefacente e dopo aver eseguito la perquisizione domiciliare dove egli era residente, in concorso tra loro, colpendo Stefano Cucchi con schiaffi, pugni e calci, provocandone fra l’altro una rovinosa caduta, cagionavano al predetto lesioni personali che sarebbero state guaribili in almeno 180 giorni, in parte con esiti permanenti ma, nel caso di specie, unitamente alla condotta omissiva dei sanitari, che avevano in cura il Cucchi presso la struttura protetta dell’ospedale Sandro Pertini di Roma, ne determinavano la morte.”  Per quanto concerne invece l’accusa di falso, il maresciallo ed un carabiniere della stazione Appia di Roma -coinvolto, quest’ultimo, nel pestaggio-  avrebbero omesso di dire che Stefano Cucchi aveva opposto resistenza presso i carabinieri della stazione Casilina ed era pertanto stato condotto presso il comando dell’Appia “senza essere stato sottoposto ai rilievi foto segnaletici e agli accertamenti dattiloscopici”. La sua resistenza è stata, secondo i pm, motivo del pestaggio, il che costituisce aggravante per “futili motivi”. I carabinieri avrebbero inoltre negato a Stefano Cucchi il diritto -garantito dalla Legge Italiana- di rivolgersi al proprio avvocato, attestando falsamente che l’uomo “non voleva nominare un difensore di fiducia” e pertanto gliene era stato affiancato uno d’ufficio. Per i pm hanno dichiarato il falso con l’aggravante di essere nell’esercizio delle proprie pubbliche funzioni e di voler proteggere se stessi e i colleghi dalle accuse.  L’avviso sulla conclusione delle indagini preliminari, contenente le suddette imputazioni, è stato notificato agli indagati, come previsto dall’articolo 415 bis del codice di procedura penale.  Il maresciallo, comandante della stazione Appia, respinge ogni accusa a suo carico, continua a sostenere la tesi della morte per epilessia, a difendere i suoi e dichiara, sulla sua pagina pubblica: “L’attacco all’Arma è sotto gli occhi di tutti…Non ci sono prove contro di noi…” La famiglia Cucchi, difesa dall’avvocato Fabio Anselmo, ha fiducia nella giustizia.   Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano, che non ha mai smesso di cercare la verità dal lontano Ottobre 2009, scrive sulla sua pagina: “I carabinieri sono accusati di omicidio, calunnia e falso. Voglio dire a tutti che bisogna resistere, resistere, resistere. Ed avere fiducia nella giustizia. Ma devo dire grazie soprattutto al mio avvocato”.  Inoltre, dopo aver letto dell’attacco che -secondo il Comandante accusato di falso- sarebbe stato generalizzato all’arma, precisa: “Io non accuso l’Arma dei Carabinieri. Nutro profondo rispetto per questa Istituzione. Ora mi aspetto che l’Arma isoli questi individui che tentano di nascondersi dietro una divisa che merita ben più rispetto…” Il caso pertanto si riapre, con gli atti firmati dal Procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone e dal Sostituto Procuratore Giovanni Musarò. Dopo le sentenze di assoluzione dei medici e delle guardie penitenziarie, le indagini ripartono ora dalle nuove acquisizioni e dai nuovi capi d’accusa, che potrebbero finalmente fare luce sulla vicenda e portare alla verità sulla morte di Stefano Cucchi. Gli elementi per dare inizio a un nuovo processo pare ci siano tutti.  (M.I)

IlariaCucchi

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