fortuna-loffredoSono tanti i personaggi coinvolti nel giro di pedofilia a Caivano, in quel condominio di Parco Verde ormai noto come “palazzone degli orrori”. L’edificio, alla periferia  di Napoli, ospitava più persone arrestate per violenza sui minori. Da uno di quei balconi sono precipitati due piccoli: Antonio, tre anni, il 28 Aprile 2013 e Fortuna, sei anni, morta il 24 giugno 2014. Erano vicini d’appartamento. Gli investigatori hanno da subito ipotizzato di trovarsi di fronte all’opera di un assassino seriale. La difficoltà estrema, per gli inquirenti, era però scoprire chi fosse l’omicida, in un luogo dominato dall’ omertà e dal disprezzo totale verso le forze dell’ordine. Non si parla, è questa la regola dei palazzoni. O per paura di finire ammazzati, o perché non si vogliono tra i piedi ‘e guardie, a rovinare i traffici illegali. Prende però in mano le indagini un magistrato coraggioso, Federico Bisceglia, che si occupa anche dell’inchiesta sui rifiuti tossici nella terra dei fuochi. Vengono piazzate decine e decine di microspie, negli androni e in alcuni appartamenti del palazzo casermone del Parco Verde. Ne esce fuori una realtà raccapricciante: figli abusati dai loro stessi genitori –Salvatore Mucci e compagna, arrestati per pedofilia-; bimbe stuprate dal compagno della madre –Raimondo Caputo, attualmente in carcere, per aver violentato la figliastra e anche la propria figlioletta di tre anni, le sorelline di Antonio, il bimbo precipitato dal balcone-. Scattano gli arresti per pedofilia ma Bisceglia non si ferma alle accuse di violenza. Il pm continua a indagare per omicidio, vuole incastrare chi ha ucciso Fortuna, finché muore tragicamente, vittima di un incidente in autostrada, nel marzo del 2015. Le indagini continuano dopo la morte del magistrato, i suoi colleghi vanno avanti. Le piccoline stuprate da Caputo finiscono in una casa famiglia, perché, dalle intercettazioni, emerge che la loro madre  ha coperto il suo compagno, pur sapendo degli abusi sulle bambine. La donna viene condannata agli arresti domiciliari, per favoreggiamento nella violenza su minore, poi viene accusata anche di  aver violato i domiciliari, uscendo. La più grande delle sue figlie, che chiameremo Ida, nome falso, per rispetto della sua identità –stessa ragione per cui non facciamo il nome della madre- era l’amichetta del cuore della piccola Fortuna. Insieme giocavano, come tutte le bambine e i bambini, inconsapevoli dell’orrore di cui possono farsi artefici certi grandi -di qualsiasi palazzo popolare o villa alto borghese nel mondo-. Ida, com’è emerso dalle intercettazioni, si lamentava per il dolore ai genitali, causatole dall’orco, ma la sua mamma le rispondeva: “Poi ti passa!” Dalla violenta indifferenza delle sue parole si capisce che la donna è un mostro, non meno feroce del suo compagno.

fortuna1Chicca, così chiamavano Fortuna nel palazzo, era invece un raggio di sole, l’unico, nella vita della piccola Ida: con lei giocava e, finalmente, si divertiva come una bambina.

Il papà di Fortuna, Pietro Loffredo, era in carcere, beccato per aver venduto qualche cd illegale e cocco frescococco sulla spiaggia, per mantenere la sua famiglia. La mamma, Domenica, era spesso impegnata con i figlioletti e, secondo quanto da lei stessa dichiarato, non vedeva nulla di male nella frequentazione di Fortuna con Ida. Anzi, le sembrava una cosa buona che sua figlia potesse portare un po’di felicità all’amica, dopo la tragedia accaduta al fratellino Antonio. Aveva creduto alla caduta accidentale del piccolo e non sospettava nulla, finché anche Fortuna è precipitata dallo stesso balcone. Ci sono voluti quasi due anni, dalla sua morte, per arrivare a un presunto omicida. Ida, che oggi ha 11 anni, ha trovato la forza di raccontare ciò che aveva visto, soltanto quando è stata lontana dalla famiglia, grazie al lavoro degli psicologi, che hanno saputo conquistare la sua fiducia. Ha detto che Fortuna tirava calci a Raimondo Caputo, ribellandosi all’ennesima violenza, così lui l’ha gettata di sotto. Nel vuoto, caduta come il suo fratellino. Come a munnezza e le cose che non servono più, scaraventate con violenza nella notte di Capodanno, giù  dal balcone, ai quartieri popolari e non solo.  La piccola Fortuna, nonostante il suo nome, della vita ha conosciuto il Male, l’oscurità peggiore, senza avere il tempo di scoprire anche la Bellezza del mondo. La fine di Antonio è ancora agli atti come incidente e, per tale ragione, Pietro Loffredo ha chiesto –tramite i suoi legali- la riesumazione del bambino, per fare piena luce sulla vicenda.

Dopo aver rotto il silenzio, sulla fine della sua amica, Ida ha detto: “Ora finalmente sono libera”. Si sentiva intrappolata nel segreto orrendo, a cui gli adulti l’avevano costretta. “Il segreto, quello non lo devi dire a nessuno” le era stato detto. Lo stesso senso d’impotenza lo aveva avvertito Fortuna, comunicandolo nel modo più naturale per i bambini: tramite i disegni.

disegnofortuna5I palazzi tratteggiati dalla piccola erano senza porte, come prigioni inaccessibili –secondo gli psicologi che li hanno esaminati-. La bimba sentiva che dai mostri non poteva scappare, esattamente come le figure senza piedi che disegnava. Nei suoi compiti, anche stagioni senza colori, tutte uguali, con la maestra che scrive: “Non si capisce niente” o ancora: “Hai disegnato malissimo”.  È bene chiedersi se l’insegnante, oltre a scrivere giudizi su questa alunna di sei anni, abbia saputo accogliere le sue disperate richieste d’aiuto, magari domandando al dirigente scolastico il consulto di uno psicologo infantile, che potesse tentare di comprendere il disagio e la sofferenza atroce della bambina. Purtroppo, soltanto dopo la  morte di Fortuna, si è saputo –grazie all’autopsia- che era stata ripetutamente violentata. È vero, i mostri di Chicca erano in quel palazzo. Orchi infami, della peggiore specie.  Anche il mondo fuori dal Parco Verde, però,  non sembra poi così limpido, perfetto e privo di ombre. Le istituzioni e i loro rappresentanti pare abbiano preferito non immischiarsi, non approfondire sulla vita di quella ragazzina, che ai loro occhi scarabocchiava o faceva capricci senza una ragione. Sembra che Fortuna fosse anche in cura presso un logopedista della sanità pubblica, che aveva appuntato una “forte aggressività” della piccola paziente. È bene domandarsi se qualcuno, medico o operatore sanitario, abbia tentato di comprendere le cause di quella rabbia. Il processo per omicidio contro Caputo deve ancora iniziare. La sua difesa tenta già in ogni modo di screditare la piccola super testimone, sopravvissuta -è il caso di dirlo- all’orrore. Le parole dei bambini, nelle aule dei tribunali, sono purtroppo facili da mettere in dubbio, anche quando i minori si rivelano più coraggiosi e sinceri degli adulti. Caputo non sarebbe neanche finito in carcere per pedofilia, se non fosse stato per le intercettazioni ambientali e per i segni inequivocabili lasciati sui corpi delle bambine. Se, come sostiene l’accusa, risulterà essere il mostro che ha ucciso Fortuna –e forse anche Antonio- merita il massimo della pena. Sarà anche interessante vedere se e come –nella conduzione del processo- saranno interrogati tutti gli adulti che abbiano avuto modo d’interagire con la bambina quand’era ancora in vita, dentro e anche fuori da Parco Verde. Nessuno di loro dovrebbe sentirsi pienamente assolto.  (M.I)

I disegni e alcuni compitini di Fortuna:

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