bimbofieno

Nel mondo globalizzato di oggi, è essenziale avere padronanza di più linguaggi e idiomi. Per veicolare correttamente le proprie idee, sia all’interno, sia all’esterno del territorio italiano, conoscere l’Inglese è un elemento imprescindibile. Il movimento No gender nelle scuole, che si va diffondendo in tutte le città e i paesi del Nostro stivale, comunicando  con i cittadini -Italiani di nascita o d’adozione- in realtà cerca di lanciare un messaggio opposto al linguaggio che utilizza! Si esprime erroneamente in Inglese. No gender letteralmente significa, infatti, nessun genere. Mentre l’idea del movimento Italiano è proprio quella di continuare a marcare le differenze di genere tra maschi e femmine, così come concepite dalla società patriarcale, il messaggio stampato su migliaia di volantini e strillato nei family day Italiani, in Inglese, invece, esprime proprio il concetto contrario: “No al genere”. Ne saranno consapevoli? Pare proprio di no.  Addirittura, il movimento no gender ed altre associazioni, quali ProVita Onlus, AGe, GenitoriScuole Cattoliche (AGeSC), Movimento per la Vita e Giuristi per la Vita, hanno presentato, insieme, una vera e propria petizione, indirizzata al Ministro dell’Istruzione, al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio “perché i ragazzi non devono trovare nella scuola ideologie destabilizzanti come quella gender, loro parole testuali. In realtà, il movimento Italiano dovrebbe definirsi yes to gender, piuttosto che no gender.

Le vere scuole no gender

Viaggiando per lavoro in Scandinavia, di recente, ho conosciuto le vere scuole no gender, o cosiddette gender free,  libere da condizionamenti dovuti al genere sessuale d’appartenenza. A Stoccolma, in Svezia, la più nota è certamente Egalia, una scuola dell’infanzia -che ho avuto possibilità di visitare- dove bambine e bambini sono libere e liberi di giocare come vogliono, vestirsi da principesse o cavalieri, in rosa, celeste, lilla o con qualsiasi colore, senza che nessun adulto li influenzi. Ad Egalia, un bambino non si sentirà mai dire: “I maschietti non piangono!” Né una bimba che si arrampica sugli alberi verrà mai apostrofata con il classico: “Le femminucce devono stare composte! Non fare il maschiaccio!” I piccoli, oltre ad essere liberi dagli stereotipi di genere, sono incoraggiati al rispetto l’uno dell’altra e, per rivolgersi a loro, le maestre e i maestri utilizzano il nome di battesimo, oppure il pronome neutro henderivato dal Finlandese hän–  valido per lei e per lui -in Finlandia, infatti, non esistono il pronome maschile e femminile, ma esclusivamente il neutro-. I libri a disposizione nella biblioteca scolastica sono stati selezionati per evitare i classici luoghi comuni, carichi di aspettative. All’interno dell’istituto sono anche accolti, indistintamente, bambini provenienti da famiglie tradizionali oppure omogenitoriali. Chiaramente, il metodo ha destato consensi ma anche pareri discordi, all’interno del mondo accademico. Le testimonianze dei genitori da noi raccolte sono favorevoli. Johan, insegnante di ginnastica e papà di una bimba che frequenta la scuola, ci ha raccontato: “Mia figlia ha 3 anni e mezzo e sa di essere una femmina, ma ci troviamo benissimo in questo asilo, ci piace il metodo! La bambina è libera di giocare come vuole e le viene insegnato il concetto d’ inclusione, il rispetto per ogni essere umano. La nostra è la classica famiglia eterosessuale, con mamma, papà e figli, ma non ci dispiace che la bimba impari già da ora che esistono anche tipi diversi di famiglie, con due mamme e due papà e che lo impari nel modo più naturale possibile, a scuola, da maestre che sanno avere il giusto approccio con bambine e bambini.” (M.I.)

 

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