di Miriam Iantaffi

Interni. Siamo state invitate in un grande locale di Roma, per una di quelle serate d’arte con protagonista la crema della gioventù Italiana e straniera. Impossibile dire di no, specie in un momento di crisi internazionale come questo, in cui c’è un inestimabile bisogno di bellezza. Il primo che incontriamo, all’ interno, è un fotografo romano con barba lunga, cappello e foulard, che ha immortalato nuvole a forma di uccellino berbero, che si formavano proprio al passaggio, guarda caso, di un uccellino berbero vero; nuvole a forma di triciclo che si formavano, sempre per caso, al passaggio di un triciclo; nuvole a forma di cinghiale, che si formavano nel cielo mentre a terra passava un cinghiale e così via per tutta una parete. Andiamo avanti e ci sono dei bei quadri, dignitosi, di un’Americana. Non giocando in casa, non è riuscita a portarsi i parenti e si guarda intorno, chiedendosi come mai c’è poca gente in sala, sono le 20 passate! Non sa, la ragazza, che a Roma non si cena alle 18 come nel suo Paese, ma dalle 20.30 alle 23 e se vai in un locale prima della mezzanotte sei considerato Tedesco, Americano, vecchio, folle, o “giovanevecchio”.

Esterni. Usciamo in giardino, dove s’è radunata la folla: stanno per iniziare i cortometraggi. Una tizia  taglia il wrustel che un tipo tiene all’altezza del ventre e lo mangia con il ketchup, mentre lui grida a mimare un’ improbabile evirazione; infine una sequenza di panorami sfocati sperimentali, di fronte ai quali ti chiedi: “Perché?” Vai avanti e ci sono le installazioni umane. Una bionda vestita di bianco grida la sua identità dentro una sorta di gabbia. Tu fai ciao ciao, con l’intenzione di andare via dalla troppa arte umana postmoderna…

La svolta. All’ improvviso la nostra attenzione viene rapita da una giovane orientale, che sistema un leggio in un angolo. Vi adagia uno spartito musicale. Arrossisce, con la timidezza di una ragazza non del tutto consapevole, ancora, del proprio incredibile Talento. Già, Talento con la T maiuscola, signore e signori. Quando il suo spettacolo ha inizio dà realmente un senso a tutta la serata. Il mio sarcasmo s’è esaurito, poiché seriamente mi rendo conto di trovarmi di fronte, stavolta, un autentico Genio. Si chiama Miru Shim, viene dalla Korea. Ha svuotato le uova e ha trasformato i gusci in strumenti musicali. Avete capito bene: ogni buchino sul guscio corrisponde a una nota, proprio come stesse suonando un clarinetto d’orchestra, ma la sua ancia è una vecchia cannuccia, nella quale soffia la sua arte, per trasformarla in musica. Le sue dita affusolate parlano da sole di un mondo che farebbe impallidire, al confronto, quello di Alice Nel Paese delle Meraviglie. Mai avremmo immaginato d’incontrare, un giorno, qualcuno in grado di rendere le uova uno strumento per dar vita a raffinate sinfonie. Quando Miru Shim smette di suonare, un silenzio incredulo riempie l’aria e lei si guarda intorno, con l’espressione ingenua di una che sembra chiedersi se la sua performance è piaciuta o meno. La realtà è che ci ha lasciato tutti spiazzati, in quell’ attimo di stordimento che solo un’ opera d’arte e d’ingegno vero è in grado di produrre. Ci sono voluti almeno dieci secondi, prima che l’entusiasmo per il piccolo miracolo al quale avevamo assistito, si esprimesse in uno scrosciante applauso. Mi avvicino, mentre ognuno torna al suo piccolo mondo e la ragazza che suona le uova si racconta a me, con naturalezza. Mi dice che le piace utilizzare le cose in più modi, adora dare una vita nuova e unica agli oggetti che gli altri buttano via. La sua prima performance artistica a contatto con il pubblico l’ha fatta a Seoul, in Korea, dove ha creato un eccezionale costume transformer, utilizzando vecchie scatole di cartone. Ha studiato negli Stati Uniti, al Walnut Hill School for the Arts e poi al Pratt Institute di New York, dove nel 2011 ha vinto una competizione con le sue opere. Ora studia al Rhode Island School of Design di Roma, dove prevede di laurearsi la prossima primavera. Nel frattempo, oltre a suonare magistralmente i gusci delle uova, ha compiuto altre rocambolesche imprese artistiche: insieme a una sua compagna di corso è andata a ricercare materiali di scarto e ha costruito un’imbarcazione. Una vera zattera “riciclata”, così funzionale da fare invidia a quelle dei cartoni animati, che tutti abbiamo sognato qualche volta di costruire nel corso dell’infanzia. Non c’è idea che resti nella mente della giovane Koreana senza divenire realtà. Con l’aiuto della sua amica, ha esplorato le acque del Tevere.  La singolare “navigazione” delle due ragazze è documentata in un video amatoriale: http://vimeo.com/115886525

Nel video seguente, invece, ecco Miru Shim che suona, a scuola, un guscio d’uovo creato da lei. Siete invitati a vincere ogni scetticismo. Se io non l’avessi vista dal vivo non ci crederei, ma posso assicurarvi che suona leggendo lo spartito musicale, senza trucchi né inganni: http://vimeo.com/113587648

Auguro a quest’artista il meritato successo, sperando che continui sempre a sorprenderci con la naturalezza di cui è capace.

RedazioneDirettoEventiFotoraccontiarte,genio,Miru Shim,recensionidi Miriam Iantaffi Interni. Siamo state invitate in un grande locale di Roma, per una di quelle serate d’arte con protagonista la crema della gioventù Italiana e straniera. Impossibile dire di no, specie in un momento di crisi internazionale come questo, in cui c’è un inestimabile bisogno di bellezza. Il primo che...