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Si è svolta a Roma una manifestazione nazionale contro il TTIP –sigla di Transatlantic Trade and Investment Partnership ovvero Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti.

La maggioranza degli Italiani non ha, tuttavia, ancora idea di cosa si tratti. Il TTIP è un accordo commerciale di libero scambio, tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti d’America. La contrattazione è iniziata nel 2013 ed è attualmente in corso. Scopo del trattato è la creazione di un mercato unico, con riduzione di dazi doganali e barriere non tariffarie –come regolamenti, standard tecnici di produzione o di qualità-. La contrattazione riguarda i settori primario, secondario e terziario, dall’agroalimentare all’industriale, dall’ ingegneria alla produzione di energia, ai servizi. Potrebbe portare anche alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’area economica. Avendo vissuto e lavorato in America, con un legale temporary work permit -permesso temporaneo di lavoro-, posso affermare che, se da un punto di vista alimentare noi Italiani abbiamo un mercato senza dubbio assai più sano, in molti altri settori, invece, gli Americani sono effettivamente più avanzati di noi ed esistono maggiori garanzie di tutela del lavoratore e del consumatore. D’altro canto, dato che l’Italia non è riuscita ad omologarsi neanche agli altri Stati dell’Unione Europea, in quanto a tutela dei lavoratori –quasi tutti gli altri Stati Europei hanno, infatti, un salario orario minimo garantito per legge, noi ancora no- non è detto che le condizioni di lavoro migliorerebbero con il TTIP.

Secondo la Commissione Europea per il Commercio, incaricata della contrattazione con l’America,  il TTIP porterebbe i seguenti vantaggi: apertura degli USA alle imprese dell’UE; riduzione degli oneri amministrativi per le imprese esportatrici; definizione di nuove norme per rendere più agevole ed equo esportare, importare e investire oltreoceano. Il TTIP, sempre secondo la Commissione, porterebbe anche alla  creazione di nuovi posti di lavoro e al rilancio della crescita in tutta l’UE, con riduzione dei prezzi per i consumatori e una scelta più ampia. Aiuterebbe inoltre l’UE a influenzare le regole del commercio mondiale. Ciò che la Commissione Europea per il Commercio s’impegna a garantire è che i prodotti importati nell’UE rispettino i nostri standard elevati, per proteggere la salute, la sicurezza dei cittadini e l’ambiente. Per assicurare che ciò avvenga, governi dell’UE dichiarano d’impegnarsi per mantenere il loro diritto di adottare norme o leggi per proteggere le persone e l’ambiente e gestire i servizi pubblici senza interferenze dall’America. Resta il fatto che, al momento, non è stato ancora redatto un testo definitivo e ciò che più preoccupa noi Italiani è il mantenimento dei nostri standard ambientali ed agroalimentari. So quanto sia arduo, oltreoceano, trovare sul mercato dei cibi che non siano geneticamente modificati o trattati chimicamente. Una volta, con un’amica Italiana e due amiche Americane, abbiamo comprato un pollo al forno, in un noto supermercato e ne abbiamo mangiato esattamente la stessa quantità, dividendolo per quattro. Risultato: io e l’altra Italiana abbiamo avuto un’intossicazione alimentare, mentre le ragazze Americane non hanno riscontrato alcun effetto. Chiaramente, il nostro organismo è abituato ad altri standard alimentari. Mentre in Italia non sono ammessi antibiotici per la carne e tutto ciò che acquistiamo al supermercato deve essere tracciabile, con impressi nascita e  allevamento, negli Stati Uniti  non è assolutamente obbligatorio dare tante informazioni ai consumatori; gli OGM –da noi per lo più vietati- sono all’ordine del giorno in Usa e Canada, così come gli antibiotici. Addirittura, in molti casi, la carne del pollo viene immersa alcuni secondi nella varechina, prima d’essere venduta, cruda o cotta. Per quanto concerne invece i vegetali, posso assicurarvi d’aver dimenticato in frigorifero per un mese l’insalata, in America, senza che si rovinasse.

La vera sfida, per la Commissione Europea –e in particolare per l’Italia- si gioca pertanto, soprattutto, sul fronte della produzione alimentare, in cui il nostro Paese ha un primato indiscutibile. Non dobbiamo rinunciare alla nostra reale ricchezza. Perdere in salute e benessere per ottenere un vantaggio economico non sarebbe, certamente, un beneficio. Quando la contrattazione tra USA e UE porterà a un testo definitivo per il TTIP, occorrerà coinvolgere direttamente i cittadini, al fine di rendere chiaro a tutti il contenuto completo dell’accordo e far sì che ogni decisione sia realmente partecipata e frutto dell’interesse comune, se necessario anche ricorrendo allo strumento referendario.   (M.I.)

 

 

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